di Alessandra Montrucchio

Nel bel mezzo di RE_PRAY, è tornato Notte Stellata. Lo sapevamo, lo aspettavamo. Quello che non ci aspettavamo era che contenesse non uno, bensì due programmi inediti; e io, personalmente, non mi aspettavo che quei due programmi inediti contenessero – specie il primo – così tanti elementi della danza. Ma esaminiamo con ordine le quattro coreografie (considererò brevemente anche Permission to Dance) portate da Yuzu sul ghiaccio della Sekisui Heim Super Arena.

Video disponibile fino al 10/3/2025

.Notte stellata

Quante volte abbiamo visto questo programma, negli anni? E ogni volta abbiamo pensato: Yuzuru non lo ha mai pattinato così, Notte stellata è sempre più bello. Quando è arrivato lo show omonimo, nel 2023, e Yuzu ha pattinato questo programma una volta, due, tre, ci siamo detti: oggi è meglio di quando lo ha pattinato a Torino, e poi: oggi è meglio di ieri, e infine: oggi è meglio di ieri e dell’altro ieri. Convinzione che abbiamo mantenuto sino al marzo del 2024, quando lo show omonimo è tornato e il programma anche, e noi abbiamo ripetuto: Yuzuru non lo ha mai pattinato così, Notte stellata è sempre più bello.

Peraltro, abbiamo ragione.

Ma perché abbiamo ragione? Perché questo programma è sempre più bello?

Nel corso del tempo, Yuzuru non ne ha cambiato il layout, mi pare: il Notte stellata 2024 ha gli stessi salti e gli stessi passi del Notte stellata 2016; è vero, nella versione 2023 i twizzle di uscita dal triplo Axel erano così tanti da sbalordire, ma in linea di massima il programma non è diventato più bello perché più difficile.

Il nocciolo, come sempre accade quando Yuzuru ha tempo e modo di rifare una coreografia, è il lavoro di lima, la progressiva rifinitura di ogni dettaglio. Lui non si accontenta mai, neanche di risultati che chiunque altro, fanyu compresi, riterrebbe non solo soddisfacenti, ma insuperabili; lui continua ad analizzare, ad approfondire che cosa può essere perfezionato e in che modo, poi lo perfeziona. Giorni fa ho rivisto l’interpretazione al Galà delle Olimpiadi 2018: una meraviglia, ma in confronto al Notte stellata 2024 è più grezza (mi vengono i brividi a usare questo aggettivo, inadattissimo a Yuzu a qualunque stadio della sua carriera e in qualunque condizione psicofisica, ma è per essere chiara). Com’è possibile?

Facciamo qualche esempio.

Innanzitutto, ovviamente, le mani e le braccia. Negli anni Yuzu sta sempre più attento alle loro posizioni e movimenti, e si vede in qualsiasi programma pattini; qui, vorrei fare alcuni riferimenti specifici. Il primo: quasi all’inizio, sulle parole “guarda che luna c’è”, un tempo il braccio destro sembrava dare due specie di gomitate, la prima più contenuta, la seconda abbastanza ampia da tirarsi dietro il corpo in una mezza rotazione. Erano due movimenti che io trovavo in contrasto con la morbidezza nivea della coreografia: non che i cigni non possano essere duri (e io lo so bene, avendone incontrati mentre ero con i miei cani: un  cigno che si sente minacciato può essere durissimo, spaventoso), però due gomitate non mi sono mai sembrate la maniera migliore per esprimere tale aspetto – sempre che questo fosse lo scopo di David Wilson. In ogni caso, Yuzu sembra essersi reso conto che quei due movimenti rompevano il continuum coreografico e li ha molto addolciti, ponendo poi cura extra nell’esecuzione dei movimenti immediatamente successivi delle braccia (menzione d’onore ai due port de bras su “stelle in cielo”): l’intero passaggio è assai più naturale e armonioso, ora.

Poco dopo, c’è la serie di twizzle. Da sempre, le braccia all’inizio sono in quinta, poi si aprono e abbassano. Guardate però che cosa succede qui quando passano per la seconda (quando si aprono lateralmente, poco sotto l’altezza delle spalle): da lì in giù, Yuzu piega un poco i gomiti e flette i polsi, tenendo le mani in fuori e parallele al ghiaccio. Alla velocità a cui lui sta piroettando, questa posizione delle braccia lo fa sembrare davvero un uccello. “Sono un uccello. Sono elettricità” diceva Billy Elliott per descrivere cosa sentiva quando ballava. Esattamente, Billy; esattamente.

Un momento simile è dopo la Biellmann: Yuzuru si sta muovendo in avanti, con le gambe alla seconda (cioè divaricate) e in parallelo (cioè non in en dehors, non ruotate in fuori), e tiene le braccia piegate a novanta gradi, la parte alta aderente al corpo: prima i palmi sono in giù, poi li volta in su. Un movimento da niente, ma negli anni passati era eseguito in un modo un po’ brusco che stonava con il resto del programma. Ora Yuzu ha addolcito anche questo movimento; ora anche qui le sue braccia sembrano ali.

Infine, verso la conclusione del programma, Yuzuru va all’indietro in questa posizione: gamba di terra in plié, gamba libera raccolta come in una pancake spin (ovvero molto piegata, con il polpaccio appoggiato sulla coscia della gamba di terra), schiena in avanti quasi a contatto con le gambe, testa china e braccia alzate dietro. Ecco, una volta quelle braccia non erano il massimo, e neppure le mani: tese, quasi rigide, con le dita spalancate. Adesso, niente di tutto ciò: le braccia sono tese ma in modo naturale, non forzato, e mani e dita sono morbide, leggere, da ballerino. Senza contare che ora, in questa posizione non certo comoda, Yuzuru non va indietro in linea retta ma curva: un ulteriore tocco da maestro nel processo di perfezionamento – e verso la perfezione.

Un altro elemento che è migliorato (non solo in Notte stellata) è la trottola Biellmann; al di là del fatto che, a ventinove anni, Yuzuru continui a permettersi di farla, ciò che è cambiato è il finale. Ovvero: un tempo, conclusa la trottola Yuzu lasciava andare il pattino e la gamba scendeva sul ghiaccio quasi di colpo, in modo non proprio curato ed elegante. Adesso questo non accade più: Yuzu lascia il pattino senza fretta, mentre già riabbassa la gamba, e quest’ultima va a terra con calma – viene insomma tenuta e portata, non lasciata tonfare. Bravo.

Infine, vorrei parlare delle braccia nel delayed single Axel. Sì, forse avrei dovuto parlarne prima, visto che scrivevo appunto delle braccia, ma ho voluto isolare ed evidenziare il passaggio. Ora, non è la prima volta che, in questo salto, Yuzu tiene le braccia in una posizione particolare. Nella “riedizione” di Masquerade, ovvero non nella versione che esordì a Fantasy on Ice, ma in quella che tornò – se non sbaglio – l’anno dopo a Stars on Ice, Yuzuru eseguiva l’Axel singolo con le braccia in quinta, cioè alte sopra la testa ma disgiunte (diverse dunque da come le usano quasi sempre le ragazze russe, per essere chiara) e lievemente piegate: in un vecchio #balleticyuzu avevo spiegato che questa posizione non è solo bella ma difficile, perché le braccia, se non si tengono l’una con l’altra, se il corpo ruota per aria tendono a muoversi e a sbilanciare il corpo. In questo Notte stellata 2024, le braccia non sono in quinta ma in quarta, ovvero un braccio è in quinta e l’altro in prima (sempre curvo ma più basso, davanti all’ombelico). Di per sé, credo sia più facile saltare così che con entrambe le braccia in quinta: il braccio in prima dà maggiore stabilità al corpo; l’asimmetria armonica delle braccia però la rende molto bella, quindi Yuzu la utilizza. E non mi si dica che lui qua fa una “tano”, come si chiama nel pattinaggio il braccio alzato nei salti: guardate i pattinatori che fanno la tano, dal suo “battezzatore” Brian Boitano a Evgenia Medvedeva, e ditemi sinceramente se c’è paragone. No, non c’è, e voi potrete anche aggiungere che confrontare le braccia di Yuzu con quelle di Evgenia è come sparare sula Croce rossa, ma non è che Boitano esca molto meglio dal confronto – e insomma le braccia di Yuzu sono in quarta, e sono meravigliose.

.Carmina Burana

Dal punto di vista tersicoreo, questa coreografia sulle note dell’opera di Carl Orff è il paese delle meraviglie, di bengodi e della cuccagna insieme. La prima parte è talmente colma di richiami al balletto e alla danza di carattere che non so da che parte cominciare, mentre la seconda attinge di più al teatro danza, al contemporaneo e al modern. Vediamo alcuni passaggi.

Intanto, un applauso a chiunque abbia mixato la musica: quella della prima parte sembra un tutt’uno, e invece non lo è. Dopo i cinguettii sui quali Yuzuru entra in scena nel ruolo di un giovane uomo che si gode, gioioso e innocente, il miracolo della vita, ci sono alcune (poche) battute presa da Veris leta facies, il terzo movimento dell’opera, mentre il prosieguo è costituito dal settimo movimento, Floret silva nobilis. È proprio il passo compiuto da Yuzuru quando il coro di questa sezione attacca quello di cui voglio parlare.

Perché è un passo preso di peso dalla danza classica, e non mi sembra di averlo mai visto fare nel pattinaggio (naturalmente posso sbagliarmi): si tratta di una sissonne ouverte. Purtroppo le riprese di Asahi TV non permettono di vederlo bene, ma per fortuna nello special di oggi su NTV l’inquadratura era migliore e da lì viene lo screen shot, sebbene non renda giustizia alla sissonne ouverte di Yuzuru.

La sissonne è un salto che si spicca dai due piedi insieme (per l’esattezza, dalla quinta posizione) e con il quale ci si sposta in avanti, indietro o lateralmente. A seconda di come si atterra, ci sono due tipi di sissonne: quella fermée (“chiusa”) prevede che i due piedi tornino a chiudersi in quinta posizione ed è, dei due tipi, il più difficile: quando si salta, l’idea è di fare quasi una spaccata in aria ma obliqua, non parallela al pavimento, in cui la gamba verso la quale ci si sposta resta più in basso della gamba che la segue. La sissonne ouverte, invece, prevede che la prima gamba atterri e si fermi in plié, mentre la seconda gamba resta tesa in aria: in arabesque se la sissonne è in avanti, in seconda posizione se è laterale, tesa di fronte al corpo se è indietro.

Yuzuru fa di seguito due sissonne ouverte in avanti. Sono veloci, il tempo in cui rimane fermo in plié con la gamba libera in arabesque è minimo; ciò non toglie che di questo passo si tratti.

Ora, la sissonne è abbastanza facile se si fa piccola; ma se si fa con tutti i crismi, è faticosa e difficilmente è bella: per esserlo, chi la fa dev’essere snodato e avere il balloon, possibilmente – è il solo modo per riuscire a portare le gambe in quella spaccata in aria obliqua di cui parlavo. Yuzuru… d’accordo, la fa piccola e l’en dehors della gamba di base non è dei mmigliori; temo però che farla coi pattini aggiunga una difficoltà: quando si atterra con la prima gamba, come si fa a fermarsi? A rimanere, anche se solo per un attimo, nella posizione di sissonne ouverte? Se fosse una sissonne sola, Yuzuru potrebbe scivolare dolcemente in avanti: di sicuro, per lui tenere un arabesque non è un problema. Solo che di sissonne ne fa due: per fermarsi tra l’una e l’altra e agganciare la seconda alla prima, l’unica è atterrare non su tutta la superficie della lama ma in punta, sui dentini, e se lo facessi io mi pianterei come un piccone nel ghiaccio e ribalterei; lui ovviamente non si pianta, non si ribalta e passa sicuro alla seconda sissonne.

Dopodiché, dicevo che, in questa prima parte del programma, oltre alla danza classica c’è quella di carattere. Che cos’è? Wikipedia dà una risposta corretta: “La danza di carattere è una suddivisione specifica della danza classica. È la rappresentazione stilizzata di una danza tradizionale popolare o nazionale, per lo più proveniente da paesi europei, e usa movimenti e musica adattati al teatro”. Avete mai visto uno dei balletti famosi del canone classico, tipo Il lago dei cigni? Be’, in quei balletti c’è quasi sempre una festa alla corte del re, e alla festa sono invitati aristocratici di tante nazioni diverse, e i vari invitati ballano le danze tradizionali dei loro paesi, rivisitate però in chiave classica: nel Lago dei cigni ci sono una danza ungherese, una russa, una spagnola, una napoletana e una mazurka; nello Schiaccianoci ci sono una danza spagnola, una araba, una cinese, una russa; nel Don Chisciotte la danza di carattere d’ispirazione spagnola informa moltissimi momenti coreografici; e così via.

Della danza di carattere, Yuzu qui riprende svariati movimenti e posizioni, e basta seguirlo subito dopo le due sissonne ouverte. Osservate gli screen shot seguenti, poi andate a rivedervi questo passaggio in video: non vi sembra di guardare un ballo di quelli che un tempo si tenevano nelle piazze dei villaggi? Le mani sui fianchi, le gambe che si piegano in modo che le mani possano battere su caviglie o piedi, i talloni che si chiudono e sbattono di colpo segnando il tempo… sono alcuni dei movimenti più tipici delle danze di carattere.

E ci stanno benissimo, i movimenti e le posizioni della danza di carattere su questa musica che, nel brano qui utilizzato, non è cantata solo in latino ma anche nel tedesco che si parlava all’incirca tra XI e XIV secolo: “La nobile foresta si ricopre di fiori e di foglie. / Dov’è il mio amico di un tempo? / Da qui è partito a cavallo! Ahimè, chi mi amerà? / La foresta fiorisce dappertutto, io mi struggo per il mio amico lontano. / Dappertutto rinverdisce la foresta; perché il mio amato sta lontano così a lungo? / Egli se n’è andato da qui a cavallo, ahimè, chi mi amerà?” È il testo su cui Yuzu pattina: un ambiente rurale e quella che immaginiamo possa essere una fanciulla di famiglia contadina che rimpiange l’innamorato. Musica e testo sono davvero l’ideale per una danza di carattere, e perché mai Yuzuru dovrebbe rinunciare alla sfida e pattinare altro, quando è perfettamente in grado di eseguire i passi cui ho accennato? Non che le danze popolari e folkloristiche non siano mai entrate nel pattinaggio, anzi, è accaduto e accade spesso: i primi esempi che mi vengono in mente sono Natal’ja Miškutënok e Artur Dmitriev con il programma di esibizione Peasant Dance, Katarina Witt con la sua celeberrima Carmen, Javier Fernández con Man of La Mancha, e l’elenco potrebbe continuare a lungo. In alcuni casi c’è davvero tanto ballo di folklore (Miškutënok-Dmitriev: se non ricordo male, in italiano quel programma fu chiamato da Marina d’Agata Danza ucraina), in altri ci sono certe movenze, certi atteggiamenti più che passi veri e propri, ma è innegabile che il pattinaggio di figura ha sempre attinto a piene mani dalle danze tradizionali, e continua a farlo.

In questa prima parte dei Carmina Burana, Yuzuru mette in scena qualcosa di diverso? Un po’ sì, mi sembra. Sulla linea ideale che ha a un estremo il balletto classico e all’altro le danze popolari, gli esempi che ho fatto tendono di più verso le danze popolari, foss’anche per il solo atteggiamento; Yuzuru, invece, rispetto a loro mi pare un po’ più spostato verso il balletto e dunque più vicino alla danza di carattere vera e propria, con una stilizzazione maggiore e un legame abbastanza lasco con questo o quel paese preciso. Di per sé, questo non significa nulla, la scelta coreografica di Yuzuru e Shae-Lynn non è né migliore né peggiore di quelle della coppia di artistico russa, della Witt o di Fernández, è soltanto diversa. Il punto è che Yuzu esegue questi passi con una naturalezza, una grazia e un senso del ritmo tali che la prima volta in cui l’ho visto mi è subito, subito venuto in mente Baryshnikov nel Don Chisciotte: andate a guardarvi una sua variazione e ditemi se non si assomigliano, fatti i dovuti distinguo su età ed esperienza tersicorea.

Dopodiché… dopodiché… di che cosa vi parlo? Questa coreografia è veramente tutta una serie di giuggiole per fare un brodo di cui qualunque ballerino sarebbe ghiotto. Vogliamo parlare di quando pattina all’indietro in plié, con le mani in quinta e il busto lievemente inclinato in avanti e di lato? Di quando va a terra, su un ginocchio, e tende la gamba sinistra alla seconda, estendendo il busto dal lato opposto, come si fa tante volte non nel balletto, ma nel jazz e nel modern? Di quando accenna due piccoli passi di valzer – e non mi riferisco al ballo da sala, ma al passo di valzer nella danza classica, più precisamente detto balancé (qui capirete cos’è: https://www.youtube.com/watch?v=E88uiv1_yrQ)? Dello chassé en tournant che fa poco prima di una maestosa Ina Bauer? Dio, che goduria, che goduria immane questa coreografia.

Un passaggio di cui si è discusso sui social è poi l’hydroblade in avanti: piuttosto breve, non appiattita sul ghiaccio come quella solita di Yuzuru, ma pur sempre in avanti. Qualcuno ha ipotizzato che in avanti sia più faticosa che indietro: in effetti, basta un attimo per pesare un po’ più del dovuto sulla parte anteriore della lama e piantarsi sui dentini che servono per frenare e puntare. Ma forse in quella posizione il baricentro è arretrato? E sbilanciarsi sulla parte anteriore della lama è meno probabile? Al contempo, però, andare in avanti invece che indietro potrebbe venire meno naturale… chissà. Ho direttamente chiesto un parere a una pattinatrice competitiva (gareggia nelle coppie). Trascrivo le sue letterali parole: “Secondo me, per quanto riguarda lo scorrimento, lo scivolamento, è molto più facile indietro. Però forse prendere quella posizione lì è molto più facile in avanti… io ho provato qualche volta indietro, ma non sono portata per queste cose!” Per cui, quel che dice lei contraddice almeno in parte quel che pensavo io. E a complicare il tutto, ci si mette il fatto che Yuzu esegue l’hydroblade in avanti senza mani sul ghiaccio. Insomma, l’unica sarebbe chiedere lumi a lui. Però mi piacerebbe moltissimo vedergli fare ancora questa variazione dell’hydroblade, magari tenendola più a lungo e abbassandosi ulteriormente. Comunque, vista la maestria che ha raggiunto nell’esecuzione di questo elemento, perché non ribattezzarla hanyublade? Io ci sto.

E poi, verso la fine di questa prima parte, Yuzuru fa un manège. Dell’introduzione di questo elemento nel suo pattinaggio abbiamo già parlato diffusamente. Qui, però, si va oltre: ovvero, il passo principale è quello più consueto per i ballerini maschi che affrontano appunto un manège. Sto parlando del coupé jeté en tournant. Di cosa si tratta? Lo jeté, anzi, bisognerebbe dire il grand jeté, lo conoscete: è la spaccata in aria. In questo caso, viene preparata non con una serie di passi ma piegando la gamba di terra, facendo un coup de pied derrière con la gamba libera (ovvero puntando il piede dietro la caviglia) e girando su se stessi in una sorta di pirouette in plié. Per capire meglio, guardate la spiegazione, breve ma chiara, di questo ballerino: https://www.youtube.com/watch?v=BU4b880WCdU.

Per riassumere: nessuna rincorsa per fare il grand jeté ma un semplice “giretto” su un piede solo e poi, hop!, si salta. E poi di nuovo, e di nuovo, e di nuovo – perché questo è un manège, e gli jeté non possono andare in linea retta, devono disegnare un cerchio, e la traiettoria curva crea una forza centripeta che tira spalle e busto verso il centro della circonferenza, che rischia di sbilanciare o perlomeno destabilizzare il corpo e che, quasi sempre, “abbassa” gli jeté: provare per credere, non c’è verso che un coupé jeté en tournant sia alto come un grand jeté normale (a meno che non vi chiamiate Kimin Kim o Daniil Simkin, ecco). In effetti, questo salto amplifica una difficoltà del grand jeté: spesso, almeno quando si impara, si tende a saltare più in lungo che in alto, e questo è sbagliato, perché è quasi una garanzia che lo jeté verrà basso e piccolo, bruttino. Nei coupé jeté en tournant eseguiti in un manegè, dove bisogna descrivere un intero cerchio, saltare in lungo invece che in alto viene naturale, col risultato che dopo un po’ non si riesce più a saltare né, tantomeno, a completare il manège.

Come se la cava, Yuzu, con il coupé jeté en tournant?

Allora, ammettiamo subito che, per certi versi, lui ha vita più facile dei ballerini: fa solo tre di questi salti, e non consecutivi: dopo il primo esegue un twizzle, dopo il secondo due deboulé in plié. Così è di sicuro più semplice che farne tanti di fila (e il giorno in cui Yuzuru dovesse farne tanti di fila, gli giurerò amore eterno. Ah, giusto. Gli ho già giurato amore eterno). Però lui, be’, è sul ghiaccio. Dove si fanno le spaccate in aria (lo ammetto: non so  come si chiamano) e di norma, per farle, si usa la puntata, quel toe-pick che serve a staccare Toe loop, Flip e Lutz: i dentini mordono il ghiaccio e aiutano a saltare in alto, forse anche ad avere un po’ di stabilità in più. Yuzu, però, qui non fa tre spaccate in aria assistite da un toe-pick; fa tre jeté staccati da un coupé: altro che dentini, qui sul ghiaccio non c’è ì l’intero pattino. Credo che, su una superficie del genere, sia difficile e forse rischioso. Il risultato, però, è buono: Yuzu può alzare di più le gambe (la spaccata è ancora lontana), ma i suoi jeté sono comunque belli in alto, non in lungo (del resto, lui ha il balloon), con le ginocchia ben tese e il busto e le spalle che non cedono alla forza centripeta che li farebbe inclinare verso il centro del cerchio.

Bravo.

Ma ecco che rientra Daichi Mao, rientra la sorte, e il giovane uomo sta per perdere l’innocenza e trovarsi in balia delle vie del vento. E se anche non entrasse Daichi Mao e non  ci fosse il drastico cambiamento di musica a sottolinearlo, che sul giovane uomo si sta per abbattere il peso della vita lo capiremmo dal mutamento coreografico, o meglio dal mutamente di genere coreografico. Via il balletto, i manège, i balancé: che entri la danza moderna, con le sue contrazioni, le sue cadute; e che entri anche il teatro danza, con  Yuzu che corre sul ghiaccio sperando di salvarsi, che bussa a porte implacabilmente chiuse e che suo malgrado finisce per essere mosso come una marionetta, legato a Mao da invisibili ma resistentissimi e potentissimi fili. (Peraltro, sembra davvero che sia Mao a muoverlo, sebbene lui le dia le spalle e le prove insieme siano state poche, come hanno dichiarato. Un affiatamento non certo scontato, il loro).

Tra i tanti momenti e passaggi degni di nota, segnalo: quando lui viene tirato per una spalla da Mao e assume una posizione un po’ obliqua molto elegante, molto da danzatore jazz o modern; quando lui fa come dei passi faticosi in avanti, schiena china e gambe piegate che si muovono al rallentatore – tipica “andatura” del contemporaneo quando vuole esprimere la fatica del procedere nella vita; la lunga parte a terra, recitata, sentita e così tipica, anch’essa, del contemporaneo; e poi l’esplosione della musica, tutta una sequenza con due chassé en tournant intrecciati a elementi del pattinaggio, per arriva al delayed single Axel con le braccia in quinta (e di quanto sia difficile tenerle in quinta, col rischio che sbilancino l’assetto del corpo, abbiamo già parlato), alla corsa forsennata verso il palco – nelle riprese dall’alto si vede bene quanto è veloce – e al giro con Mao, polso a polso come in una danza medievale, fino alla posa conclusiva.

Yuzu, Yuzu, mi hai fatto piangere di gioia e commozione.

.Permission to Dance

Tanto vale ammetterlo subito: preferivo Dynamite. Era una coreografia più peculiare, più memorabile; questa, per significativo che sia il ricorso alla lingua dei segni, di per sé mi pare un po’ più moscia. Yuzuru però non ne ha alcuna responsabilità, naturalmente; al limite possiamo parlarne con i BTS e il loro coreografo. E magari voi la preferite a Dynamite. E ammetto anche che, sul piano della danza, Yuzu si muove bene, fa un lavoro degnissimo e piacevole, ma i suoi movimenti sono… come dire?, non tanto nitidi; conservano quel minimo di approssimazione tipica di quando non si è sicurissimi di una coreografia, non la si ha del tutto “nelle gambe”. Che Yuzu abbia dovuto impararla e registrarla in fretta? Chissà. In ogni caso, basta il confronto coi suoi amici sul ghiaccio per vedere che, come ballerino, è anni-luce più avanti degli altri. Esaminiamo due dettagli verso la fine, quando i BTS canticchiano “na-na-na-na-na-na” e i pattinatori non hanno la “scusa” (in realtà, motivazione più che valida) di essere, a differenza di Yuzu, su un terreno instabile: qui tutti si limitano a fare un paio di step touch, che è un passo base dell’aerobica (faccio un passo di lato con la gamba destra e chiudo con la sinistra; faccio un passo di lato con la gamba sinistra e chiudo con la destra) e poi, da fermi, ad alzare le braccia e farle ondeggiare da una parte all’altra. Guardate i pattinatori: durante gli step touch, come richiesto dalla coreografia, tengono le braccia piegate e alzano e abbassano alternandoli gli avambracci. Qui la difficoltà è che le braccia vanno a ritmo doppio rispetto alle gambe e la coordinazione non è semplicissima – e tutti, forse proprio perché concentrati sul coordinare braccia e gambe, questo si limitano a fare: a muovere in maniera coordinata braccia e gambe. Yuzu no, va oltre: alza e abbassa un pochino le spalle, a ritmo di musica, dando all’intero movimento un tocco di naturalezza e musicalità. Quando poi tutti alzano le braccia e le fanno ondeggiare da un lato all’altro, in realtà “sbagliano” (peccato veniale, ci mancherebbe): se guardate la coreografia originale dei BTS, le braccia non vanno in linea retta da destra a sinistra e viceversa, ma descrivono un semicerchio, insomma si spostano ad arco; questo comporta anche un lieve ondeggiamento del torace a ritmo di musica, e il risultato finale è molto più elegante e danzato. Indovinate chi è l’unico che muove le braccia come i BTS?

Giusto.

.Danny Boy

Voglio cominciare da quello che mi sembra un doveroso, doverosissimo omaggio a David Wilson: i programmi competitivi che ha coreografato per Yuzuru non saranno tra i più amati dai fanyu, ma Notte stellata, Haru Yo, Koi e altri capolavori sono tutti firmati da lui; è come se, quando è libera dai limiti che gli elementi di gara le impongono, la creatività di David riuscisse a esprimersi meglio e a sfruttare appieno le capacità tecniche ed espressive di Yuzu. Danny Boy ne è non solo un esempio, ma un apice: è una coreografia di una bellezza stordente (cit. Max Ambesi) con un interprete in stato di grazia. Qua Yuzuru si dimostra un, anzi, il perfetto incrocio tra un pattinatore d’élite e un ballerino professionista: come se avesse due vite, o vivesse in due dimensioni, o avesse il dono dell’ubiquità, e quindi fosse cresciuto studiando e praticando ai massimi livelli tanto la danza quanto il pattinaggio di figura.

Vediamo alcuni passaggi.

All’inizio Yuzu fa una pirouette che in jazz si definisce compass turn: gamba libera in arabesque o alla seconda – anzi, spesso a metà strada fra le due posizioni – tenuta a terra e la gamba di base che funge da perno, da pivot. Non è una trottola, la rotazione è una sola e Yuzu fa perno in punta al pattino, sui dentini, e non è nemmeno un passaggio particolarmente difficile o (credo) raro. Ha però una sua eleganza tersicorea, e forse non è un caso se Yuzu fece questo passaggio in una coreografia iperdanzata come If, o se io me lo ricordo eseguito da Kurt Browning in Johnny Guitar, bellissimo programma d’esibizione senza nemmeno un salto ma splendide skating skills. Va anche detto che questa pirouette di solito si fa en dedans, cioè girando verso la gamba di base, mentre Yuzu qui la esegue en dehors, cioè girando verso la gamba libera: se non si complicasse la vita (girare dalla parte della gamba più stabile è più facile che girare dalla parte di quella che rischia di spostarsi o oscillare), non sarebbe lui.

Di lì a poco, Yuzuru esegue una serie di piccoli ballotté alla seconda andando indietro: il ballotté implica uno scambio tra le due gambe mentre eseguono un développé (difficilissimo spiegare cos’è. Guardate qua: https://www.youtube.com/watch?v=SdC9I1lcbXg). Quelli di Yuzuru sono minimi, sono transizioni da pattinatore ma usando le gambe come un danzatore – la grazia, l’en dehors, la cura, l’accenno di salto. E dopo questi “semi ballotté”, si lascia scivolare all’indietro, curvando sul filo esterno del pattino, e intanto porta il piede della gamba libera in coup de pied (puntato sulla caviglia) ed esegue un développé basso in avanti: che eleganza.

Qualche passo, ed ecco un triplo Toe loop. Solo un triplo Toe loop. Perché ne parlo? Perché mi sembra un buon esempio per sottolineare ancora una volta la sensibilità di Yuzu agli accenti e ai colori delle musiche, la sua capacità di seguirli e, in qualche modo, riprodurli nei movimenti. Non è una capacità innata così frequente, anzi, e neppure acquisirla è semplice; sarà lapalissiano dirlo, ma un conto è fare tutti i passi correttamente, un conto è aggiungerci la propria interpretazione… e un altro conto ancora è saper eseguire quei passi dando loro la giusta intensità per divenire un tutt’uno con la musica ed esprimere al meglio certi sentimenti, certe emozioni. A lezione, a me e ai miei compagni capita di sentire il maestro dire qualcosa come: “Sì sì, andava bene, tutto giusto, ma era… piatto”. Yuzuru non è mai piatto, lo sappiamo da sempre: ma perché questo 3T mi sembra un buon esempio di tutto questo?

Per via della puntata. Non perché sia corretta – i toe-pick di Yuzu sono sempre corretti – ma perché è lievissima. Se trasformassimo un programma di pattinaggio in una linea che, a seconda degli elementi eseguiti, alterna tratti retti ad altri curvi, a picchi e avvallamenti, un salto introdotto da un toe-pick dovrebbe essere rappresentato da una spezzata; una linea spezzata sarebbe adatta a questo passaggio di Danny Boy? Certo che no: non ne rispetterebbe gli accenti e, di conseguenza, non ne esprimerebbe il colore, il sentimento. Perciò la puntata di Yuzuru è lievissima; precisa, visibile, eppure leggera come neve, dolce come latte con una goccia di miele. Ricordo che, a proposito di Otoñal ai Campionati nazionali giapponesi nel 2019, Yuzuru aveva detto di aver voluto eseguire una puntata non troppo energica, perché in quell’istante la musica richiedeva una maggior delicatezza – in quell’occasione il layout di Otoñal era cambiato, con l’Axel al posto della combinazione e viceversa. Un’aperta dichiarazione della sua attenzione ad accenti, intensità e atmosfera musicali e della volontà di coglierli ed esprimerli nei movimenti. Il Toe loop di Danny Boy rientra perfettamente in questo discorso. Certo, Yuzu avrebbe potuto fare un edge jump, più “liscio” per natura; ma in questo programma ci sono altri due edge jump, un Loop e un Axel… e poi, perché rinunciare a un puntato quando si è in grado di fare una puntata con la grazia di un suono d’arpa?

Commovente.

Già che stiamo parlando di salti, diciamo che il delayed single Axel ha le braccia in quinta, ma è anche preceduto da una piccola controvenda. È raro che Yuzu faccia precedere l’Axel da una controvenda, di questi tempi: troppo rischiosa, quando non ci sono punti di GOE da guadagnare. (Poi i punti di GOE non glieli davano lo stesso, quei figli di donnina allegra, ma questo è un altro, ahimè annoso, discorso). Qui però ci stava bene, la controvenda, e forse Yuzu sentiva la mancanza di una di quelle cose che ama tanto, ovvero le cose che gli complicano la vita. Tant’è che ne ha subito trovata un’altra, di cosa capace di complicargli la vita: dopo aver eseguito un triplo Loop completamente privo di preparazione (ripeto: completamente. privo. di. preparazione), fa un giro su se stesso e si ferma. Di colpo.

Ora, più di una volta in tempi recenti Yuzuru ha detto che la cosa più difficile – o una delle più difficili – per un pattinatore è fermarsi. Qui e altrove dimostra di essere perfettamente in grado di farlo, quando e come vuole, ma comunque la sua affermazione mi ha fatto riflettere. Perché anche per un danzatore fermarsi è difficile. O meglio, specifichiamo: anche per un danzatore è difficile fermarsi quando si sta muovendo in condizioni di precarietà. Per un pattinatore, la precarietà è data dal fatto di essere sul ghiaccio; per un danzatore, la precarietà è data perlopiù dal trovarsi alla conclusione di un elemento tecnico che mette alla prova l’equilibrio, come un grande salto (il coupé jeté en tournant, per esempio) o una pirouette.

Parliamo delle pirouette, ecco. È molto difficile farne tante di fila, ma terminarle bene, senza traballare, senza appoggiare subito a terra la gamba libera, anzi, magari rimanendo per un attimo fermi in passé (il piede della gamba libera punta sul ginocchio opposto) e relevé (solo l’avampiede della gambe di base è a terra): è più semplice fare una pirouette doppia che una singola in cui alla fine bisogna mantenere l’equilibrio. Per chiarirvi le idee, guardate Baryshnikov in questa scena tratta dal film Il sole a mezzanotte: https://www.youtube.com/watch?v=02EvsGal-Wc. A colpire non è “solo” che le pirouette siano undici, né che lui le esegua in mocassini, ma che alla fine di tutti quei giri rallenti e si fermi per una frazione di secondo in passé relevé come se nulla fosse: esempio supremo di controllo – e per controllare undici pirouette, occorre aver introiettato tutta una serie di “comandi fisici” (addominali e glutei contratti, spalle rilassate e aperte, prima posizione delle braccia nei giri, corretto uso della testa durante le rotazioni, fianco della gamba in passé alla stessa altezza di quello della gamba di base, avampiede ben appoggiato a terra…), occorre saper accelerare e decelerare, occorre non smettere di crederci (spesso, quando si impara ad aggiungere una pirouette a quelle che già si fanno, capita di non riuscirci perché ci si spaventa: se io ho sempre fatto una doppia e ora tento una tripla, mi succederà di non completare la terza rotazione per lo stupido motivo che, quando il mio corpo inizia a farla, la mia mente esclama “Oddio! Sto facendo una triplaaa!”, col risultato che mi deconcentro, mi storco e la tripla non viene). Occorrono un bel po’ di cose, in pratica. Immagino che il “bel po’ di cose” sia almeno parzialmente diverso per chi affronta un salto del pattinaggio su ghiaccio, ma il controllo dev’essere una questione complicata anche per lui/lei. Per Yuzuru, il controllo è così totale da diventare maestria, e da maestria arte. Ragazzo miracoloso.

E poi? Sorvoliamo sulle braccia, sui tanti magnifici port de bras (vedi Ina Bauer), su una serie mozzafiato di twizzle con la gamba prima in arabesque bassa poi in passé e arriviamo alla trottola finale. È davvero particolare; perlomeno, io non ricordo di aver visto una trottola combinata simile. Inizia con una normale camel spin, ma poi si trasforma: con un rond de jambe, la gamba libera abbandona la posizione di arabesque e ruota fin davanti al corpo, ma non si unisce all’altra in una normale upright spin, no: rimane tesa e alzata, formando un angolo di circa sessanta gradi con quella di terra. Nel mentre, Yuzu tiene le mani giunte dietro la schiena e la testa bassa, che poi alza e rovescia all’indietro. Infine, scioglie le mani e, con entrambi i piedi sul ghiaccio, compie una rotazione in plié, poi passa a una rapidissima sit spin, per concludere con una upright spin su due piedi: trottola normalissima, eseguita però con un cambiamento di posizione della testa – di nuovo, prima Yuzu la tiene china poi la rovescia all’indietro. Che (apparente) semplicità: niente posizioni contorte, niente spaccate verticali o chissà cos’altro; solo posizioni pulite, precise, elegantissime, e il risultato toglie il respiro da quanto è bello.

Dal punto di vista della danza, non esiste una pirouette come la camel (c’è la pirouette in arabesque, certo, ma si fa con la schiena dritta); quanto alla posizione successiva di Yuzu, in termini tersicorei potremmo dire che si tratta di una pirouette en dedans (Yuzu ruota verso la gamba di terra) con la gamba in dégagé devant; ora, in quella posizione sarebbe più difficile girare en dehors perché ruotare verso la gamba libera le toglierebbe stabilità, e toglierebbe anche impeto al giro – mentre, girando en dedans, la gamba libera facilita la rotazione e riesce a mantenersi più stabile. Questo non significa che non si debbano contrarre gli adduttori e tenere i fianchi alla stessa altezza, e poi ci sono le braccia, che così dietro la schiena non aiutano a girare, anzi, stressano la schiena (se avete mai fatto stretching, vi sarà capitato, per stirare la schiena, di giungere le mani dietro e poi tirare su il più possibile le braccia, no? Yuzu sta facendo proprio questo); per non parlare della testa: bisogna guardare prima in basso, poi in alto senza mai fissare lo sguardo sullo spot (il punto a cui, nelle pirouette, gli occhi devono sempre tornare per evitare sia uno sbilanciamento del corpo, sia un capogiro), e nemmeno lei aiuta le rotazioni… insomma, una pirouette/trottola facile è un’altra cosa. E poi, lo ripeto ancora una volta, questa trottola è di una tale, essenziale bellezza che sono uscita da Danny Boy attonita e commossa.

Anzi, attonita e commossa sono uscita dall’intero show Notte stellata: una coreografia storica ma in perpetua evoluzione, sempre più emozionante, e due programmi nuovi con movimenti e passaggi inediti nel pattinaggio di Yuzu e, probabilmente, nel pattinaggio tout court.

La rivoluzione portata da Yuzu nel suo sport e oltre il suo sport continua, insomma. E io continuerò a seguire, riconoscente e incantata, ogni nuova creazione e performance di questa nuova, straordinaria arte performativa: l’hanyū.