di Alessandra Montrucchio

Il 10 agosto 2022 Hanyū ha trasmesso in live streaming sul suo canale YouTube una sessione di allenamenti nella quale ha eseguito diversi elementi di salto, compresa la combinazione quadruplo loop-triplo toe loop, mai realizzata in gara da nessuno, ha provato il quadruplo axel e proposto parte dei suoi precedenti programmi, concludendo con un’esibizione impeccabile di SEIMEI comprendente gli stessi elementi che aveva pianificato per le Olimpiadi invernali del 2018. L’allenamento è stato seguito in diretta da oltre 100.000 persone.

日本語 http://pianetahanyu.altervista.org/balletic-yuzu-11-sharepractice%e3%82%aa%e3%83%95%e3%82%a2%e3%82%a4%e3%82%b9%e3%81%ae%e3%82%a6%e3%82%a9%e3%83%bc%e3%83%a0%e3%82%a2%e3%83%83%e3%83%97/

Quando ho visto la parte off ice dell’allenamento di Yuzu alla SharePractice, la prima cosa che ho pensato, lo ammetto, è stata: ma si è scaldato abbastanza? Istintivamente, mi sembrava che avesse fatto troppo poco per scaldare adeguatamente i muscoli. Poi mi sono resa conto che quella era solo una parte del suo riscaldamento: chissà che non avesse fatto qualcosa prima – gli esercizi a terra che a volte gli abbiamo visto eseguire, un po’ di lavoro a qualche macchina in palestra – e comunque è ovvio che un pattinatore si scalda anche sul ghiaccio, non solo fuori dal ghiaccio. Quelli sono i ballerini, e io stavo ragionando da ballerina che, su un’ora e mezza di lezione, impegna quaranta minuti buoni in esercizi di riscaldamento.

I ragionamenti da ballerina, però,  mi hanno consentito di individuare e comprendere alcune delle cose che Yuzu ha fatto in quella parte della sua practice; cose, che, tra l’altro, hanno catturato l’attenzione generale.

Le prime due sono dei movimenti che Yuzu compie prima con il busto, poi con i fianchi, mentre sta fermo in un corridoio, davanti a quella che credo sia una vetrata e in cui probabilmente Yuzu può vedersi riflesso come in uno specchio, in modo da poter controllare se i suoi movimenti sono corretti o meno. (Nota a margine: i ballerini si allenano costantemente davanti a uno specchio. I pattinatori, quando sono sul ghiaccio, di solito no. In altri allenamenti off ice Yuzu ricorre spesso a uno specchio, che sia in una camera d’albergo o grazie alla funzione selfie del suo iPad. Lo fanno anche altri pattinatori? Forse. Di sicuro, lui in questo è molto ballerino. Fine della nota a margine).

Per seguire questi movimenti, vi rimando al video mostrato nel seguente tweet: https://twitter.com/CostanzaRdO/status/1566163728097239043. Con il busto, o meglio con il torace, Yuzu compie delle rotazioni, in senso orario e antiorario, e in danza questo movimento non ha nulla di strano, anzi. Come ho già detto nel balletic yuzu su Raison, il primo esercizio a una normale lezione di danza jazz è quello di isolazione: questa o quella parte del corpo viene fatta lavorare da sola, possibilmente senza che nessun’altra si muova, al fine sia di scaldarla, sia di imparare a usarla in maniera indipendente. Yuzu fa esattamente questo, isolazione del torace: destra, sinistra, davanti, dietro, senza muovere nient’altro. E poi fa isolazione del bacino, muovendo i fianchi – e solo ed esclusivamente quelli – da destra a sinistra e viceversa e compiendo questo “tragitto” in linea non retta ma curva, dunque spingendo i fianchi in avanti. Un ballerino non farebbe l’isolazione dei fianchi proprio così, di solito assomiglia di più a quella del torace, ma è indubbio che Yuzu stia compiendo questo tipo di lavoro: scaldare i muscoli e, al contempo, acquisire sempre maggiore capacità di muovere ogni fascio in modo indipendente dagli altri.

Altro movimento che ha catturato l’attenzione generale è quando Yuzu, sempre nello stesso corridoio e davanti alla stessa vetrata, ripete più volte il movimento che, sempre nel balletic yuzu su Raison, ho descritto come dolphin: un’onda che parte da testa e collo per poi scendere lungo la schiena fino al coccige. Yuzu fa diversi dolphin consecutivi: alcuni più piccoli, accennati o poco più, e poi via via altri più profondi, anche molto profondi, tanto che per iniziarli Yuzu abbassa la schiena in avanti. Ebbene, anche il dolphin è un esercizio di isolazione, visto che permette di scaldare la colonna vertebrale e di lavorarne ogni tratto indipendentemente dall’altro; inoltre, aiuta a esercitare la flessibilità della schiena. E Yuzu fa i dolphin tenendo aperto e teso il braccio rivolto verso lo “specchio”, in una posizione utile a mantenere il corpo in asse e a controllare l’esecuzione del dolphin in rapporto a questa sorta di “parametro fisso”.

L’ultimo elemento che vorrei brevemente analizzare sono quelle che immagino siano “prove di salti a terra” sempre nello stesso corridoio, insomma prima che Yuzu cambi zona e faccia salti veri e propri. Guardate il video che la nostra Elena Costa ha gentilmente estrapolato per me dalla SharePractice e che posto in fondo al testo. Qui, invece di staccare i salti e fare quelli che in danza classica si chiamano tour en l’air, Yuzu prova  solamente le rotazioni del corpo, e per provarle come si deve le fa in linea retta, percorrendo così il corridoio da un capo all’altro. In danza, queste pirouette su due piedi in cui ci si muove nello spazio invece di star fermi in un punto preciso si chiamano debolués o chainés. Non che siano perfetti, da un punto di vista tersicoreo: le braccia sono troppo schiacciate contro il corpo (ma è così che vanno tenute nei salti del pattinaggio) e le spalle un po’ alzate. Però credo che Yuzu abbia avuto una buona idea a provare in questo modo le rotazioni dei salti: fare tanti deboulés di fila è abbastanza difficile. Ciò che è complicato è andare in linea retta, senza sbandare, e girare velocemente, senza rallentare giro dopo giro. Per evitare questi due errori, occorrono equilibrio, uso corretto della testa, buona postura, addominali contratti, schiena dritta, sedere contratto, ginocchia tese, gambe strette l’una contro l’altra: tutte cose indispensabili anche nei salti del pattinaggio, immagino, dunque ancora una volta – forse osservando i danzatori, forse arrivandoci con il suo solo ragionamento – Yuzu ha adottato un metodo che esula dalla sua disciplina e sconfina nella danza per migliorare il suo pattinaggio.

Poi ha provato i salti in modo “normale” e infine ha indossato i pattini ed è entrato in pista, ma già nella prima parte della SharePractice Yuzu ci ha dimostrato ancora una volta ciò che è: non solo il GOAT, ma un pioniere e un antesignano; un genio il cui nome, in futuro, occuperà non solo i libri sulla storia del pattinaggio, ma anche i manuali tecnici, vuoi per la maestria d’esecuzione di ogni elemento, vuoi per l’invenzione di metodi nuovi ed efficaci di riscaldamento e allenamento.